lunedì 7 febbraio 2011

il marketing in Italia

Devo essere ancora parecchio incazzato se ho ancora voglia di parlare di lavoro. Ho iniziato a insegnare marketing nelle scuole quasi prima di averne una competenza formale e sicuramente senza averne una grande esperienza diretta. Ma a quei tempi le amicizie politiche permettevano questi ed altri privilegi. Fortunamente per i miei allievi, nel marketing non mi  riesce facilemte di sbagliare. E' una disciplina strettamente descrittiva, come la fisica, con una parte empirica e una teorica. Un prodotto e la sua azienda avranno un andamento sul mercato totalmte prevedibile se tutti i dati necessari per un quadro completo siano forniti, così come sappiamo che posizione occupa e occuperà nel tempo il nostro pianeta rispetto al sole. Queste cose sono chiare in buona parte del mondo, soprattuto presso quei bastardi anglosassoni e ammericani i quali sanno anche che in alcune circostanze non vi è davvero nulla da inventare: una domanda e delle risorse portano uno e un solo risultato più spesso di quanto si crede. Ma non in Italia. Tranne rarissime eccezioni, se nello stivale ti imbatti in una porta racante l'insegna del marketing, preparati a scovare qualunque cosa tranne il marketing. Vendite, comunicazione, uffici stampa e altri strafalcioni nei migliori casi vi è appena un grado parentela ma nulla più. In fondo il marketing è solo lo strumento che impedisce a un'azienda di commettere errori marchiani e talvolta ne agevola il successo. Ma in Italia c'è bisogno di questo? L'imprenditore virilie e istintivo italiano accetta di mettere in discussione il suo estro e la sua innata e disgustosa capacità di concludere affari strampalati in un mercato protetto di clientele, parentele e amicizie di ogni ordine e grado? Mai risposta fu più ovvia. Ho avuto la fortuna di lavorare in Italia e all'estero a progetti importanti che mi danno il privilegio raro di sapere cosa si nasconde dietro la  strategia di aziende che ragionano e dietro quelle che non ragionano. Per un markettaro è una cosa importante. In Italia funziona pressapoco così: immaginiamo di essere degli avvocati che debbano difendere un cliente durante una causa in tribunale, dopo avere preso atto della situazione del cliente e della controparte ci apprestiamo ad informare il cliente circa la procedura e dobbiamo concordare con lui una linea che risulti vincente. Il cliente che fa? Se ne fotte: imbosca documenti, cambia la versione di fatti senza avvisarci, si giustifica dicendo che le cosa le fa a modo suo, che tanto il giudice é suo amico e in qualche modo può costringere la controparte a transare a suo vantaggio. A me fa un po' schifo!

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Faremo tutti la stessa fine quindi sputa il rospo